stemma Piedicavallo
Stemma partiti d'argento e di rosso, alla banda diminuita, d'azzurro, attraversante, accompagnata da due stelle di otto raggi, la stella di azzurro nel PRIMO in punta, la stella d'argento nel SECONDO, in capo.
Piedicavallo
Frazione Montesinaro

IL TERRITORIO
Situato nella testa della Valle del Cervo, in zona interamente montana, è il comune più alto del Biellese (1037 mt). Sul tratto di cresta tra punta Serange e punta Caparelle, spartiacque tra il Cervo e il Lys, vi è la linea di confine tra il Biellese e la Valle d'Aosta (Gressoney). A 800 metri dal centro del paese, presso la confluenza del torrente Chiobbia con il Cervo, in posizione panoramica, sorge l'abitato di Montesinaro. Tutto il territorio è turisticamente pregevole. Da Piedicavallo, si raggiunge il lago della Vecchia in circa due ore e mezzo, percorrendo una mulattiera, fatta costruire, nel 1877, dal Senatore Federico Rosazza e si prosegue scendendo, in val di Gressoney a Gaby. Il lago della Vecchia è scavato nel gneiss, ha una superficie di 40.000mq. E una profondità massima di 9 mt. E' di origine graciale ed è alimentato dalle gelide acque di fondina dei ghiacciai alpini.


NOTIZIE STORICHE
Etimologia: va interpretato come “(al) piede di cavallo” con riferimento a un rilievo soprastante la località.

Piedicavallo anticamente faceva parte delle Alpi di Andorno e non vi esistevano che rarissime abitazioni stagionali. Fu solo verso il sec. XV che presero stabile dimora alcuni pastori provenienti dalla Vallesa, dalla Valsesia e da altre zone circostanti. Seguì la storia di Andorno fino alla sua erezione a comune indipendente. Nel 1722, smembrato il feudo di Andorno, venne dato in feudo a Liborio Garagno di Chieri, che assunse il titolo di Conte; questi, nel 1725, lo vendette , con lo stesso titolo comitale a Paolo Francesco Vacca.

TERRIBILE INCENDIO.
Durante una notte invernale del 1845, una casa prese accidentalmente fuoco, e le fiamme, alimentato da un ventaccio scendente dalle gole della Mologna, investirono gli abituri contigui, una accozzaglia di misere case fatte più con legno e paglia che con pietre e calcina, riducendoli tutti in cenere. Trenta famiglie rimasero sul lastrico, nella più disperata miseria. Avevano perso tutto, anche il bestiame, arso vivo nelle stalle. Al tocco della campana a martello i terrazzani accorsero da ogni parte per salvare il salvabile. Ed immediata sorse una gara commovente, con intervento delle Autorità provinciali nel dare agli sventurati soccorso e conforto. Intervenne il Prevosto Don Agostino Catella; intervenne il Cav. Giriodi, intendente della Provincia di Biella che distribuì molte offerte di Biellesi di ogni zona, intervenne pure il Re Carlo Alberto, nominando una Commissione presieduta dal Marchese Carlo Ferrero della Marmora, principe di Masserano, con l'incarico di promuovere una generale pubblica carità. Il danno fu stimato superiore alle centomila lire somma enorme per quei tempi.


CHIESE

Chiesa parrocchiale dedicata a S. Michele. La chiesa del XVIII sec. conserva nell'interno: dossale di legno scolpito del XVIII sec.; pulpito ligneo del XVIII sec.; paramenti sacri, in stile barocco. Il campanile è del XVIII sec.

Chiesa dedicata a San Grato. Situata nella fraz. Montesinaro, è una graziosa del XVIII sec.


TEATRO REGINA MARGHERITA
Importante per il suo valore culturale e per ciò che significò per la comunità. Il sipario, custodito altrove, è opera del pittore Maffei. Nella seconda metà del 1800 Don Perino, parroco di Piedicavallo, sollecitato da più uomini che tornavano da stagioni o da bienni di emigrazione, diede il via alla fondazione di una società Filodrammatica formata da un gruppo di privati che iniziarono la costruzione di un vero e proprio teatro, usando il materiale del posto: la pietra. Essendo la nostra una vallata che viveva sull'estrazione del granito, “sienite” della Balma, in brevissimo tempo, a 1100 metri s.l.m., gli abili scalpellini edificarono il teatro con il supporto di una ricca biblioteca. Iniziò allora una fitta corrispondenza con la casa reale per avere il permesso di dare al teatro il nome dell'allora Regina Margherita, permesso che fu accordato. La Regina Margherita era un mito nella Vallata che tutti gli anni veniva percorsa dalla Regina fino a Piedicavallo, da dove proseguiva a piedi, attraversava il colle della Vecchia e raggiungeva la Valle d'Aosta, Gressoney, dove trascorreva un periodo di vacanza.

La particolare posizione di questo paese, circondato da montagne selvagge ed aspre, ha fatto si che numerosissime e pittoresche fossero le leggende.

L'uomo selvatico. Narra la leggenda che, nel luogo ancor oggi detto “casa dell'uomo selvatico”, sia vissuto un uomo, assai mite e benvoluto da tutti, che trascorse nella solitudine della montagna la sua vita, dilaniata dall'insanabile dolore causato dalla immatura morte della giovane sposa, morsicata da una vipera mentre raccoglieva ciclamini nel bosco. L'uomo scomparve durante un freddo inverno ed il suo corpo, mai più trovato, si pensò fosse stato divorato dai lupi.

La vecchia del lago. L'epoca è quella dei Celti. Per una splendida fanciulla è giorno di gran festa; ella infatti, elegantemente vestita, attende il suo sposo presso un gran sasso, adibito ad altare, posto nelle vicinanze del laghetto montano. Lo sposo però non arriva e la dolce attesa si trasforma in disperazione; tuttavia la fanciulla continua ad attendere fino al mattino dopo, quando giunge la notizia che lo sposo è stato ritrovato nel bosco, con uno stiletto conficcato nel cuore. La fanciulla allora dispose che il corpo dell'amato sia calato nelle acque del lago ove ella lo avrebbe custodito, per tutto il resto della vita, rimanendo in questo luogo, sola con un orso. Così avvenne, e quando anch'ella morì venne seppellita nel lago, finalmente unita alla persona amata. (tratta da “Incantesimo della mezzanotte” di Virgilia Majoli Faccio)

I Rododendri. Anticamente, un giovane straniero, venuto in montagna per cacciare un camoscio, vide una bella fanciulla, che lo colpì profondamente; ben presto le chiese di sposarla promettendole che l'avrebbe condotta lontano e l'avrebbe resa felice. La fanciulla acconsentì, ma chiese al giovane, come dono di nozze e prova di coraggio, che le portasse un mazzo di fiori che crescevano su una roccia montana particolarmente difficile da raggiungere. Il giovane acconsentì; riuscì a raggiungere i fiori ed a raccoglierli ma, tornando indietro, scivolò e precipitò in un burrone. Dal suo sangue nacque allora il rododendro. (tratta da “Incantesimo della mezzanotte”di Virgilia Majoli Faccio)

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Pagina realizzata nel mese di marzo 2016 - Testo di Giorgio Gulmini, notizie tratte da:
- Tip.Lib.”UNIONE BIELLESE” Biella, Biellese Industriale, Professionale, Commerciale, Artigianale, vol. 2° 1971.
- Guido Garlanda, IL BIELLESE di 150 anni fa e nei secoli, Sandro Maria Rosso Editore Stampatore in Biella, 1975.
- EOS Editrice Novara, STEMMARIA CIVICO Biellese, Cusiano, Novarese, Ossolano, Valsesiano, Verbano, Vercellese.
- Gabriella Giovannacci Amodeo, Nuova Guida Biella & Provincia, Libreria V. Giovannacci, Biella, Stampa Urbana Vaprio d'Adda, MI, 1994.
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