Realizzatore di chiese, ospedali, lebbrosari, scuole; letterato e insigne studioso nel campo medico-scientifico

Padre Giuseppe Greggio Padre Greggio nacque a Miagliano il 29 settembre 1886. Ultimo di numerosi fratelli, uno dei quali anch’egli Gesuita, avvertì fin da bambino il richiamo alla vita di missionario. Ciò avvenne per opera di Padre Enrico Rosa. Così, in uno dei suoi numerosi scritti, il sacerdote biellese ricorda il loro primo incontro: “Era un pomeriggio d’estate e io me ne stavo, scalzo e beato, sul muricciolo, che divideva il nostro orto da quello di gran lunga più opulento del parroco. Là in quel cantuccio sorgeva un nocciolo; io chiacchierando ne spartivo la frutta con un amico giù nella strada. Ero solo in casa: il babbo in fabbrica, la mamma nei campi. Che gioia oziare così in vacanza, spensierato, schiacciando nocciole fresche! D’un tratto un sacerdote sbucò dall’angolo di casa nostra e si fermò dinanzi a me. Un cappellaccio piuttosto logoro gli scendeva fin quasi sugli occhi; la veste era alquanto diversa da quella del nostro prevosto. Sulle prime ne ebbi quasi paura.; ma la sua parola mi rinfrancò. Domandò se ero io Beppino Greggio: mi cercava da parte di mio fratello Gesuita. Di un balzo fui a terra, corsi ad aprire la grossa porta d’ingresso e introdussi il misterioso prete nella pietrosa cucina. M’interrogò amabilmente su molte cose e fece il suo nome; era il celebre P. Enrico Rosa, allora sugli inizi della sua santa e meravigliosa carriera di scrittore e di difensore della fede su ‘La Civiltà Cattolica’. Il colloquio durò forse un’ora. Alla fine io avevo già nell’anima la mia certezza: il Signore mi chiamava. Guardai la mamma che rientrava dalla campagna: pareva aureolata di sole. Era l’intima letizia di dare l’ultimo suo figlio a Dio.
Alcuni anni dopo questo incontro, nel 1905, egli entrò nella Scuola Apostolica del Principato di Monaco dove seguì gli studi ginnasiali e liceali. Ancor prima dell’ordinazione sacerdotale, nel 1910, frequentò a Bruxelles un corso di specializzazione presso l’Ecole de Médicine Tropicale e il 15 gennaio 1911 partì per il Congo. Vi rimase fino al 1916 svolgendo la sua attività in una vasta zona compresa nel triangolo tra Léopoldville (oggi Kinshasa), Kikwit ed il confine coll’Angola, territorio esteso quanto l’intera Italia settentrionale che percorse più volte in lungo e in largo. Fu il periodo in cui si dedicò allo studio della malattia del sonno, flagello endemico nelle plaghe dell’Africa tra il fiume Congo e l’altipiano dell’Angola. Ne ricavò una vera e propria competenza. Ne parlò in termini scientifici riuscendo, quando il morbo non era troppo avanzato, a salvare molte vite umane. Nei suoi viaggi in Europa era solito portare con se, in un tubetto di vetro, qualche campione della mosca tse-tse responsabile della veicolazione del tripanosoma.

Nel 1916 lasciò l’Africa per l’Inghilterra. L’8 settembre 1919, a Hastings, venne ordinato sacerdote. Già celebre per l’attività svolta nei primi anni del suo tirocinio in Africa, soprattutto in relazione agli studi sulla malattia del sonno, il 27 dicembre 1920 Re Alberto I del Belgio gli conferì la croce di Cavaliere dell’Ordre Royal du Léon. Rientrò nel Congo il 4 dicembre 1921 e là vi rimase per altri cinquantatré anni fino alla fine della sua vita.

Per interi decenni si aggirò nella regione del Kwila, dalle foreste impenetrabili e dalle acque sconfinate, che egli descrisse nelle sue relazioni e nei suoi libri. Djuma, Lemfu, Yasa furono i luoghi che polarizzarono maggiormente la sua attività. Particolarmente cara gli fu Yasa che, a poco a poco, sotto la sua spinta divenne una cittadina rispettabile, con ospedale e scuole per cinquemila alunni della zona. A Yasa e dintorni si svolge l’azione di un suo affascinante romanzo: Kosongo (anno 1955 – ed. Missioni – pag. 256) che ottenne un notevole successo editoriale in Italia. Pubblicò anche: Africa nera (anno 1926 – ed. La Civiltà Cattolica – pag. 250), Congo - bianchi e neri: ultimo duello (ed. Missioni – pag. 253) e Kasongo l’indomabile (Stamperia Zanetti – Venezia – pag. 223). Nella sua attività di scrittore dimostrò una sorprendente ricchezza di vocabolario ed una significativa scioltezza di eloquio, esprimendosi in un italiano perfetto, pur avendo seguito gli studi classici all’estero e dopo tanti decenni trascorsi in Africa dove parlava soltanto francese o lingue esotiche. Il 15 giugno 1956 fu la Regina Elisabetta del Belgio a conferirgli un’onorificenza come riconoscimento per l’attività svolta.

La sua permanenza in Africa fu sconvolta, tra gli anni 1960 e 1965, dalla profonda crisi in cui cadde il Congo dopo il riconoscimento dell’indipendenza da parte del Belgio. Un clima di insurrezione popolare e guerra civile favorì la formazione di bande di predoni che passarono come cavallette razziando tutto. La crisi socio-politica congolese ebbe vasta eco in Italia, colpita dall’eccidio di Kindu (11-12 novembre 1961) quando vennero trucidati tredici aviatori italiani facenti parte del contingente dei caschi blu dell’ ONU. La rivista Epoca appena vennero ristabilite le più elementari garanzie di sicurezza inviò sul posto un giornalista che, occasionalmente, venne a conoscenza della situazione in cui versava la missione di Mosango dove Padre Greggio aveva realizzato un ospedale modello per la cura dei lebbrosi. Vi giunse superando mille difficoltà e lo trovò allo stremo delle forze, senza acqua e ridotto alla fame. Era l’autunno del 1965 e sulla rivista venne pubblicata una serie di articoli il primo dei quali iniziava col titolo Nel cuore del Congo c’è il nostro Schweitzer. Esplose tra i lettori un’autentica gara di solidarietà. A gennaio del 1966 gli inviati del giornale lo raggiunsero nuovamente per portargli gli aiuti raccolti in Italia: ottantadue milioni di lire, parte dei quali servì per la realizzazione di una maternità a Bengi.

L’attività di missionario continuò instancabile, ma lo vide costretto a lottare contro la cecità che incombeva. I lebbrosi di Mosango diventarono l’oggetto privilegiato delle sue cure. Il 23 novembre 1970 ricevette la massima onorificenza congolese: l’Ordine Nazionale del Leopardo. Pochi anni dopo, quando partì per il suo ultimo viaggio che non aveva ritorno, volle essere sepolto vicino ai lebbrosi, là dove li aveva assistiti e amati, sotto all’albero preferito dove era solito sostare in vita. Era il 29 giugno 1974.

In Africa a parlare di lui restarono un ospedale di cento posti letto con quartieri per personale medico e familiari dei degenti a Mosango, un ospedale pediatrico a Djuma, un sanatorio a Suka, tre maternità a Bengi a Ndwa e a Pidi, l’ospedale e le scuole di Yasa. La figura di Padre Greggio continua ad essere ricordata in Italia, anche dopo la sua morte. Sono meritevoli di citazione: il libro L’umiltà di Padre Greggio del miaglianese Giorgio Lozia, gli scritti di Padre Egidio Marcolini e di Padre Mario Cogliati su Panorama Biellese, gli articoli del prof. Pier Francesco Gasparetto su Rivista Biellese e su Foglie del Fondo, la pubblicazione del Fondo Edo Tempia. Le onorificenze, i ricordi, i documenti, conservati in un primo tempo dalla nipote Elsa Greggio, sono stati raccolti in una sala della Parrocchia di Miagliano intitolata a suo nome. Il monumento - eretto nel 1986, a fianco della Chiesa Parrocchiale, in occasione del centenario della nascita, è della scultrice Mariella Perino. Una targa in bronzo sintetizza così la figura e la personalità di Padre Giuseppe Greggio: “Apostolo di fede, realizzatore di chiese, ospedali, lebbrosari, scuole; letterato, insigne studioso nel campo medico-scientifico che donò al Congo (Zaire) sessantatré anni dalle sua vita”.


Padre Giuseppe Greggio

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Padre Giuseppe Greggio


08 giugno 2009
Testo a cura di Pier Giuseppe Sacchi - fotografie di Giorgio Gulmini

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