Di Marcello Renzi
Articolo pubblicato sul numero di dicembre 2016 del bollettino parrocchiale del Villaggio Lamarmora “Noi del Villaggio”.
L'insolito viaggio
“E’ un ponte di bene e di amore che si inarca su tutta la terra biellese“. Così Don Ferraris, nel
maggio del 1966, salutava dalle colonne de “Il Biellese” l’arrivo imminente del
l’altare dal Santuario di Oropa alla chiesa del Villaggio. Non una riga di quell’articolo fa trasparire che il vero artefice di quel viaggio insolito, un altare che lascia la chiesa per la quale era stato pensato e voluto, era stato lo stesso Don Ferraris. E’ lui infatti a domandarne il trasferimento agli amministratori del Santuario, ricevendone dapprima un cortese ma fermo rifiuto. Si temeva infatti di tradire quel voto, fatto dai biellesi al tempo della seconda guerra mondiale, affinché la Vergine Bruna li avesse protetti “dalle offese aeree e terrestri”, come recita la pergamena conservata ancora oggi all’interno dell’altare unitamente alle migliaia di nomi degli offerenti dell’opera.
D’altra parte quello che era stato l’altare maggiore della basilica superiore, pensato per le celebrazioni più solenni, a Oropa era stato accantonato, superato da quello nuovo e semplice che meglio si accordava al moderno ciborio targato
Giò Ponti.
Che fare quindi, acconsentire alla ragionevole richiesta di Don Ferraris di destinarlo ad una nascente chiesa di periferia, o ricercarne una nuova collocazione oropense? La situazione di stallo durò quasi un anno e fu sbloccata, credo, anche grazie ai buoni uffici del Vescovo Rossi, il quale non a caso, quando pubblicherà un libricino commemorativo del suo episcopato, si farà ritrarre con alle spalle proprio la chiesa del Villaggio.
Don Ferraris poté così affermare che: “gli amministratori del Santuario, proprio perché conoscitori dei veri interessi di Oropa, perciò lieti che il culto alla Madonna si estenda benefico oltre la cerchia del Santuario stesso, non potevano cercare una collocazione più adatta, più funzionale, vorremmo dire… più missionaria” (da “Il Biellese” del 21 maggio 1966, già citato).
Curioso che l’autore del paliotto dell’altare,
Virgilio Audagna, ben all’oscuro che la sua opera avrebbe poi viaggiato con spirito missionario per Biella, abbia pensato di rappresentare proprio un missionario che abbraccia ed incoraggia un ragazzo di colore intento a baciare il Crocefisso. E’ una delle tante preziose scene che ci raccontano, come in un film, la preghiera che Gesù ci ha insegnato, e che sono illustrate nelle foto qui riprodotte.