Luis Sepulveda
L’ultimo suono del tuo addio, mi disse che non sapevo nulla e che era giunto il tempo necessario
di imparare i perché della materia.
Così, tra pietra e pietra seppi che sommare è unire e che sottrarre ci lascia soli e vuoti.
Che i colori riflettono l’ingenua volontà dell’occhio.
Che i solfeggi e i sol implorano la fame dell’udito.
Che le strade e la polvere sono la ragione dei passi.
Che la strada più breve fra due punti è il cerchio che li unisce in un abbraccio sorpreso.
Che due più due può essere un brano di Vivaldi.
Che i geni amabili abitano le bottiglie del buon vino.
Con tutto questo già appreso tornai a disfare l’eco del tuo addio e al suo posto palpitante a scrivere
La Più Bella Storia d’Amore, ma, come dice l’adagio non si finisce mai di imparare e di dubitare.
E così, ancora una volta tanto facilmente come nasce una rosa o si morde la coda una stella fugace, seppi che la mia opera era stata scritta perché La Più Bella Storia d’Amore è possibile solo nella serena e inquietante calligrafia dei tuoi occhi.