Il Buddhadharma, meglio conosciuto come buddhismo, viene collocato, a ragione, a cavallo tra filosofia , psicologia e religione: vari aspetti di queste aree, difatti, gli appartengono. Il Buddhismo è un sentiero di conoscenza un viaggio interiore alla scoperta di sé, della propria mente, di questo microcosmo che è l’individuo, delle parti che lo compongono.
Il Buddha è stato forse il primo degli psicologi: ha infatti svelato il funzionamento della mente, identificando tutti i fattori mentali che accompagnano, di volta in volta, le menti principali.
Ma il cammino non si ferma qui: l’attenzione del praticante viene rivolta contemporaneamente alle ” leggi” che regolano il microcosmo.
Si scoprirà che tutti i fenomeni, tutti gli esseri sono interdipendenti e che quindi mutuamente si influenzano, non hanno un’esistenza propria, indipendente dagli altri.
La legge di cause ed effetto, meglio conosciuta come legge del Karma, è in grado di dare una risposta a molti degli eterni ed universali quesiti che l’uomo si è posto da sempre: perché esiste la sofferenza.
Via che lui stesso ha percorso; toccherà poi ad ogni essere ripercorrere a propria volta, le varie tappe di questo cammino di sviluppo interiore.
l Buddhismo che si diffuse in Tibet a partire dal 7° secolo, proveniva da due diverse regioni: gli influssi cinesi si trovarono accanto alle forme di Buddhismo che si erano sviluppate nell’india di quel tempo e che andarono acquistando un’ importanza sempre più grande, fin quasi ad eclissare le forme di religiosità legate al Ch’an (Zen).
Tra l’8° ed il 9° secolo il Buddhismo conobbe un periodo di marcata decadenza, legata a vari cambiamenti politici che portarono all’avvicendarsi di svariati sovrani, non tutti favorevoli alla pratica di questa religione.
La Seconda Diffusione del Dharma in Tibet fu in gran parte dovuta all’opera di un sovrano del Tibet occidentale, il quale invitò in Tibet il grande studioso e saggio indiano Atisha.
Egli scrisse per i propri discepoli tibetani un breve trattato intitolato Bodhipathapradipa, “La Lucerna sul Sentiero dell’ Illuminazione”. In questo testo Atisha ha integrato tutti gli insegnamenti e le pratiche buddhiste che lui stesso aveva ricevuto dai suoi Maestri in un sentiero graduale, fondato sulla Moralità, sullo sviluppo della Compassione e della Saggezza, accompagnate dalla pratica tantrica.
Questo trattato è il testo fondamentale della scuola fondata da Atisha, la scuola Kadampa, dalla quale ha tratto le sue origini la scuola Ghelupa, anche conosciuta come scuola dei “Berretti Gialli”, fondata da Lama Tzong Khapa (1357-1419).
Egli fu anche il fondatore del primo monastero Ghelupa, quello di Ganden, nei pressi di Lhasa, distrutto dai cinesi ed attualmente ricostruito in India.
La scuola Ghelupa si colloca all’interno del Mahayana, il Grande Veicolo della tradizione Buddhista.
La distinzione tra coloro che seguono il Mahayana e coloro che seguono altri “veicoli” non riguarda, tanto le scuole, le tradizioni, gli abiti talari o la filosofia, quanto la motivazione.
Coloro i quali hanno una prospettiva limitata pensano solo al proprio benessere, sia esso di questa vita o delle future esistenze; coloro che appartengono alla categoria intermedia decidono di ottenere la liberazione dal ciclo di rinascite condizionate, dal Samsara, e dedicano la propria esistenza all’ottenimento del Nirvana; coloro i quali, infine, cercano di dissolvere non soltanto la propria sofferenza, ma anche quella di tutti gli esseri senzienti senza discriminazione alcuna, questi sono i Bodhisattva, i praticanti del veicolo superiore, il Mahayana.
I Bodhisattva fanno voto di prendere su di sé la responsabilità di liberare ogni essere dalle sofferenze del Samsara e si impegnano in ogni loro esistenza per raggiungere tale scopo.
Tale motivazione altruistica viene chiamata Bodhicitta, la Mente dell’Illuminazione o del Risveglio, e scaturisce da una profonda compassione per il dolore di tutti gli altri esseri.
Questa compassione rappresenta, dunque, il fondamento e la forza motivante del Bodhisattva, e su essa poggia l’intero edificio del Mahayana.
Nel Bodhicaryavatara Shantideva (695-743) scrisse:
Io debbo quindi dissipare l’altrui infelicità,
Poiché è dolore, come lo è il mio,
E debbo anche far del bene agli altri,
Poiché sono esseri senzienti, come lo sono io
E se tanto io che gli altri
Vogliamo esser felici, e siamo perciò simili,
Che cosa ho io di particolare?
Perché dovrei sforzarmi di raggiungere la mia sola felicità?
Sviluppando Amore e Compassione, i praticanti del Mahayana seguono il Sentiero indicato dal Buddha con la basilare motivazione di raggiungere lo stato di Buddha, l’Illuminazione, per il bene di tutti gli esseri viventi.