I Lari erano divinità minori rispetto ai grandi Dei venerati nel culto ufficiale, ma in realtà veneratissimi nell’ambito delle case romane. I Lari (dal latino lares, “focolare”, dall’etrusco lar, “padre”) rappresentano gli spiriti protettori degli antenati che vegliavano e proteggevano la gens e la familia. Essi sono le divinità protettrici della “familia”, di ogni specifica famiglia.
Per il romano la gens era importantissima, un retaggio dell’antico clan, dove un gruppo a larga parentela si riconosceva in una specie di patto di alleanza, per cui ci si aiutava quando ce n’era bisogno.
Aumentando la popolazione la gens ebbe molti più membri e quindi si divise in vari rami, si che molti si persero di vista. Restava però l’idea che gli antenati avrebbero dall’aldilà fatto le stesse cose che avrebbero fatto in vita, cioè aiutare. Ora in qualità di morti loro non avevano bisogno di aiuto.
Al contrario della religione cattolica i romani non pensavano di poter aiutare i defunti perchè il loro passaggio nell’oltretomba e il loro destino laggiù era determinato solo dal loro carattere in vita o dalle loro azioni se molto significative.
I congiunti si dovevano preoccupare di dargli una buona sepoltura, per il resto non potevano mutare la loro condizione di morti. Invece potevano onorarli e invocarli affinché fossero i morti ad occuparsi di loro. Non è però che i romani avessero grande dimestichezza coi morti, anzi avevano una gran paura che invadessero il mondo dei vivi e si cautelavano per evitarlo. Infatti facevano molti scongiuri e avevano molti amuleti per tenerli lontani.
Era per giunta proibito seppellire i morti entro le mura dell’Urbe, tranne rari casi in cui il defunto avesse reso tali servizi alla città o all’impero che si era totalmente sicuri sulle sue inclinazioni positive del post mortem.
I Romani distinguevano tre tipi di luoghi:
1. la natura selvaggia, remota, inaccessibile, animata da forze primordiali: con essa si cercava di evitare qualsiasi rapporto, era soggetta all’azione delle divinità maggiori;
2. la natura selvaggia, non umanizzata, ma comunque vicina agli insediamenti urbani ed agricoli: era il regno di Fauni e Silvani e con essa era giusto entrare in contatto, ma con cautela;
3. i luoghi abitati dall’uomo, città, villaggi e campi coltivati: su di essi si estendeva la giurisdizione dei Lari, che erano oggetto di un culto continuo, soprattutto in casa e nei crocicchi.
LARES FAMILIARES
Naturalmente, i più diffusi erano i Lares familiares (Lar Lares), ovvero gli antenati, effigiati attraverso una statuetta che poteva essere di terracotta, di legno o di cera, chiamata sigillum (da signum “immagine”).
Si usava locare queste all’interno della domus, entro un’edicola detta larario, collocate insieme ai Penati e a qualche statuetta divina, nella nicchia di un’apposita edicola detta larario e, in particolari occasioni o ricorrenze, oppure quotidianamente, a seconda della pietas del padrone di casa, onorate con l’accensione di una fiammella e di incensi vari.
L’uomo pio però lo faceva ogni mattino, accompagnato dal suo schiavo che gli accendeva la candelina per accendere la lucernetta e la resina odorosa. A volte il genio del padrone di casa, raffigurato come un serpente crestato, o come un uomo con la piega della toga che copre la testa, è raffigurato con il Lar.
Nella Roma arcaica i Lari, a detta di molti studiosi, non sembrano possedere “nomi e personalità individualizzate”, ma appaiono divinità senza caratteristiche precise derivate da una religione animistica antecedente alla politeistica, con la caratteristica struttura gemellare, riadattata, corrispondente alla concezione dualistica romana, come distinzione e pure sintesi tra bene e male, principio e fine, nascita e morte.
In effetti la tradizione religiosa romana risale a un precedente matriarcato e a un ancor più originaria religione animistica che hanno però molti punti in comune. L’arcaica Dea Vesta era alle origini una Grande Madre, che come tutte le Dee primigenie veniva raffigurata tra due belve che si fronteggiano facendo riferimento a lei. Le belve poi si umanizzarono divenendo spiriti o divinità minori, collegati però sempre al triplice aspetto della Dea, colei che dà la vita, che nutre e che dà la morte.
I Lari diventano perciò l’inizio e la fine, la nascita e la morte, e i Penati, in qualità di antenati che vegliano sui pronipoti sono la continuità del tempo e dello spirito che si trasmette dal passato al presente e poi al futuro. Servio scrisse che il culto dei Lari era stato indotto dall’antica tradizione di seppellire in casa i morti, dandogli perciò il significato di antenati, quando però c’erano già i Penati ad assolvere tale funzione.
Per Plauto i Lari venivano rappresentati come cani e le loro immagini venivano conservate nei pressi della porta di casa, il che li configura maggiormente come spiriti, e più particolarmente come spiriti guardiani, che sono caratteristici di molte culture sia orientali che occidentali.
Una fra le più diffuse iconografie però li illustra come giovinetti che indossano una corta tunica ed alti calzari, mentre versano del vino dal rhyton nelle coppe. I Lares erano familiares e pubblici.